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Negli ultimi giorni, l’autorità di controllo (Garante Privacy) sta ricevendo numerosi quesiti da parte di soggetti pubblici e privati in merito alla possibilità di raccogliere, all’atto della registrazione di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da Coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, riportiamo di seguito alcuni chiarimenti forniti dall'autorità attraverso un articolo pubblicato il 2 marzo 2020. |
Il Coronavirus è uno dei temi più bollenti delle ultime settimane: l’allerta è mondiale, e tutti i settori sono stati toccati. Non solo la salute, ma anche il turismo, l’economia, la Borsa, l’istruzione, il lavoro, fino ad arrivare alla vita di tutti i giorni.
Di fronte all’emergenza coronavirus, molte aziende si sono attivate con misure straordinarie e di precauzione, dalla temporanea chiusura a provvedimenti più duttili come lo smart working, i permessi retribuiti o il rafforzamento e l’esortazione ai collaboratori per maggiore attenzione alla norme igieniche e relativi decaloghi.
Ma, nell'emergenza, da parte di alcune aziende sono state adottate anche misure quali l’obbligo per il dipendente e il visitatore dell’azienda di passare un controllo allo scanner termico che raccoglie e conserva ‘dati particolari’ (ad esempio la temperatura corporea), oppure di autocertificare per iscritto di non aver visitato recentemente aree a rischio, ma anche di non aver incontrato persone provenienti da tali aree o, addirittura, di non aver avuto una temperatura pari o superiore a 37,2 nelle ultime due settimane.
Nel Regolamento Privacy - GDPR viene previsto il caso della gestione dei dati sensibili nelle situazioni di emergenza (articolo 9, paragrafo 2, lettera i): prevale sempre la protezione e la salute delle persone.
Per quanto riguarda la legge italiana, il Codice Privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) alza il livello di protezione riguardo ai dati relativi alla salute delle persone. Questi dati non possono essere diffusi e pubblicati: l’unica eccezionale pubblicazione è quella giornalistica, è giusto che le persone vengano informate.
Negli ultimi giorni, l’autorità di controllo (Garante Privacy) "sta ricevendo numerosi quesiti da parte di soggetti pubblici e privati in merito alla possibilità di raccogliere, all’atto della registrazione di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da Coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, come misura di prevenzione dal contagio. Analogamente, datori di lavoro pubblici e privati hanno chiesto al Garante la possibilità di acquisire una “autodichiarazione” da parte dei dipendenti in ordine all’assenza di sintomi influenzali, e vicende relative alla sfera privata.
Al riguardo, si segnala che la normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane prevede che chiunque negli ultimi 14 gg abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico, nonché nei comuni individuati dalle più recenti disposizioni normative, debba comunicarlo alla azienda sanitaria territoriale, anche per il tramite del medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti come, ad esempio, l’isolamento fiduciario."
Come confermato dal parere della stessa Autorità Garante per la protezione dei dati personali, la necessità di salvaguardare la sicurezza e la salute dei cittadini consente una compressione della loro riservatezza per motivi straordinari e di pubblico interesse, lo stesso non può dirsi per le aziende, come spiega Martini di Rödl & Partner, colosso internazionale nella consulenza legale.
In primo luogo, i soggetti privati, come le aziende, non godono dell’esenzione dall’obbligo di richiesta del consenso degli interessati; in secondo luogo, appare ignorato il principio di minimizzazione del trattamento, cioè la raccolta della quantità minima e necessaria di dati”, spiega Nadia Martini, di Rödl & Partner.
"Quindi - si domanda il legale - quale l’utilità di sottoporre la persona a uno scanner termico ove raccolga e conservi ‘dati particolari’ o alla specifica autocertificazione, e quale il beneficio della conseguente raccolta di dati personali rispetto a una più semplice comunicazione indirizzata a una serie di destinatari non individuati?".
"La normativa - ricorda - ruota intorno alla necessità di perseguire uno scopo con un minor trattamento di dati personali possibile, se non addirittura evitandolo. Cosa che, in questo specifico caso, ben potrebbe avvenire con una semplice sostituzione del modulo di autocertificazione con una comunicazione ai dipendenti, oppure con un avviso affisso all’ingresso dell’azienda con cui si invita chiunque abbia soggiornato in aree a rischio o presenti sintomi a non entrare nella sede".
"Inoltre - evidenzia l’esperto legale - occorre valutare tutti gli altri profili legali che potrebbero nascere dalla raccolta dei dati oggetto di scanner e dalle autocertificazioni. In particolare, queste ultime richiedono la valutazione circa il valore giuridico del documento, nonché la necessità di dimostrare la veridicità delle informazioni indicate".
"I datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa.
La finalità di prevenzione dalla diffusione del Coronavirus deve infatti essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato.
L’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del Coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate.
Resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, esso è completamente diverso di fornire i dati specifici/particolari su la sua salute, come già sopra accennato. "
"Al riguardo, il Ministro per la pubblica amministrazione ha recentemente fornito indicazioni operative circa l’obbligo per il dipendente pubblico e per chi opera a vario titolo presso la P.A. di segnalare all’amministrazione di provenire da un’area a rischio. In tale quadro il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a fare, ove necessario, tali comunicazioni agevolando le modalità di inoltro delle stesse, anche predisponendo canali dedicati; permangono altresì i compiti del datore di lavoro relativi alla necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal Coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti.
Nel caso in cui, nel corso dell’attività lavorativa, il dipendente che svolge mansioni a contatto con il pubblico (es. URP, prestazioni allo sportello) venga in relazione con un caso sospetto di Coronavirus, lo stesso, anche tramite il datore di lavoro, provvederà a comunicare la circostanza ai servizi sanitari competenti e ad attenersi alle indicazioni di prevenzione fornite dagli operatori sanitari interpellati.
Le autorità competenti hanno, inoltre, già previsto le misure di prevenzione generale alle quali ciascun titolare dovrà attenersi per assicurare l’accesso dei visitatori a tutti i locali aperti al pubblico nel rispetto delle disposizioni d’urgenza adottate.
Pertanto, il Garante, accogliendo l’invito delle istituzioni competenti a un necessario coordinamento sul territorio nazionale delle misure in materia di Coronavirus, invita tutti i titolari del trattamento ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del Coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute di utenti e lavoratori che non siano normativamente previste o disposte dagli organi competenti."