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Riprendendo l’argomento sviluppato nell’articolo pubblicato precedentemente “Sistema Integrato D.lgs. 231 e Privacy”, affronteremo di seguito i punti d’incontro tra i due modelli organizzativi Privacy e 231. |
Si intende un insieme di regole e procedure di tipo preparatorio che nasce con lo scopo di fornire in modo organico e compatto un apparato anche documentale afferente un determinato aspetto/settore.
Dallo sviluppo del Modello, l’Organizzazione può trarre tutte le indicazioni relative ai criteri di applicazione della normativa individuandone responsabilità, misure di sicurezza messe in atto e motivazioni per le quali, sulla base della valutazione dei rischi, l’Organizzazione abbia valutato di assumere ovvero implementare il sistema.
Tale modello risulta efficace nella misura in cui si attaglia alla realtà presa in considerazione.
Con l’applicazione del Regolamento UE n. 679/2016 nelle Organizzazioni a media/alta complessità, si rende opportuna la predisposizione di un MOP; affinché il Modello esprima tutto il suo potenziale, deve essere concepito, sin dall’indice, come un “vestito su misura”, aderente all’Organizzazione.
Non a caso, tale documento è visto come una forma di mitigazione in grado di soddisfare il principio di accountability rappresentando la capacità di dimostrare o meglio “rendicontare” le azioni di responsabilizzazione adottate dall’Organizzazione.
Il MOP rappresenta, pertanto, l’insieme delle specifiche “misure tecniche ed organizzative adeguate” comprese l’attuazione di “politiche adeguate in materia di protezione dei dati”, come richiamate dall’art. 24 del GDPR, volte a dimostrare che i trattamenti effettuati dall’Organizzazione siano conformi al Regolamento.
Tali misure, infatti, devono essere altresì efficaci nel dimostrare che la loro applicazione permetta il raggiungimento degli obiettivi di tutela posti dal Regolamento e la conformità al Regolamento stesso.
L’individuazione delle misure deve tenere altresì conto dei rischi associati ai trattamenti valutandoli in termini di origine, natura, probabilità e gravità.
Supporti nell’individuazione di tali misure, sotto forma di codici di condotta, di linee guida, di certificazioni potrebbero provenire anche da altri soggetti come il Responsabile del trattamento ovvero da ulteriori fonti qualificate.
Il Modello di Organizzazione Gestione e Controllo (MOG) discende dal D.Lgs. n. 231/2001 pertinente alla responsabilità degli Enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato commessi da persone fisiche nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi, scardinando quel granitico principio secondo il quale “Societas delinquere non potest”.
Il D.lgs. 231/2001 disciplina una particolare forma di responsabilità giuridica che ha natura sostanzialmente penale, poiché sorge in dipendenza di un fatto di reato, accertata all’interno di un processo penale.
I destinatari della normativa sono:
Oggi, una società priva di un MOG potrebbe esporsi a pesanti conseguenze per i reati commessi al suo interno.
Nella fattispecie, oltre alle sanzioni pecuniarie, esistono le sanzioni interdittive.
L’art. 6 del citato decreto contempla una forma di esonero di responsabilità qualora l’Ente dimostri di aver adottato ed efficacemente attuato un MOG idoneo a prevenire la realizzazione dei reati considerati, comprovando che la commissione del reato non è etiologicamente collegabile ad una propria “colpa organizzativa”.
Il MOP presenta molti punti di contatto con le disposizioni dettate dal D.lgs. 231/2001. Tale ampliamento di responsabilità mira a coinvolgere il patrimonio degli enti e gli interessi economici dei Soci, i quali, fino all’entrata in vigore di tale legge, non pativano conseguenze alcune in seguito alla realizzazione dei reati commessi, con vantaggio della Società, da amministratori e/o dipendenti.
Evidenti sono, dunque, gli elementi di contatto tra i due modelli (MOG e MOP). Tali denominatori comuni sono dati, essenzialmente, dalla presenza di molteplici fattori tra cui, senza ovviamente citare tutti:
Non può ignorarsi che entrambi i modelli puntano a prevenire il rischio di un trattamento illecito dei dati personali.
La ricerca di un coordinamento tra i due modelli, e, aspetto non secondario, l’obiettivo di contenere i costi che derivano dall’adozione di adeguati sistemi di compliance, non devono tuttavia portare alla convinzione che il modello organizzativo 231 esaurisca in maniera completa tutti gli aspetti di programmazione e di formazione imposti dal GDPR, attesa anche la sostanziale differenza intercorrente tra i soggetti preposti al controllo sul corretto funzionamento dei modelli adottati, rectius l’OdV e il DPO.
Sarà dunque rimesso ad ogni realtà imprenditoriale, tenuto conto del tipo di attività svolta e dei rischi annessi, valutare se la struttura di fondo del modello adottato per la prevenzione dei reati presupposto sia eventualmente compatibile anche per l’adempimento delle obbligazioni previste in ambito privacy, ovvero se lo stesso debba essere aggiornato ed integrato per assicurare il massimo grado di salvaguardia dei dati soggetti al trattamento e conformarsi così ai principi statuiti dal Legislatore Europeo.
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